Oggi leggevo un articolo di Forbes Italia circa un gruppo alberghiero emergente del Lago di Garda. Al di là del titolo sensazionalistico, l'avveduto manager fa un'accurata analisi e solleva la criticità della carenza e della formazione di risorse umane nel settore ricettivo, parlando di approcci passati del settore, da recuperare.
Poi l'articolo è un elenco di cose, attrezzature, numero di strutture, rapporto qualità prezzo interessante: la visione non compare.
Nello scorso post noi abbiamo parlato di visione progettuale per le strutture ricettive, definendola come l'ispirazione che trascina viaggiatori e risorse umane e che porta ad identificarsi con la struttura stessa o con le strutture stesse e a volerne fare parte.
Come racconto nel mio libro "l'hotel infra ordinario" la visione progettuale si caratterizza per la coerenza, per l'autenticità e per il carattere innovativo.
La struttura costruita senza attenzione all'ambiente e che poi mi propone la vacanza sostenibile non è coerente.
La botte fuori dal locale quando lì non si produce vino non è autentica.
Una struttura con le e-bike e nessuno degli albergatori che pratica quello sport e quello stile di vita attivo non è nè coerente, nè autentica.
Di coerenza e banalizzazione di certi luoghi comuni parla il collega architetto Francesc Munoz nel suo bellissimo "Ur-banalizzazione: paesaggi comuni, luoghi globali".
Il legame con il luogo è fondamentale per esprimere l'autenticità e l'unicità del progetto.
Un altro elemento che pongo alla vostra attenzione è il carattere innovativo: proporre un modo innovativo di fare qualcosa o di godere di un'esperienza può attirare nella struttura una specifica fascia di ospiti, coloro che vogliono essere i primi a sperimentare un nuovo approccio a qualcosa e sono proprio quei viaggiatori che ne parleranno e proporranno ad a molti altri viaggiatori quello stesso tipo di esperienza. Pensare in modo innovativo ha un riscontro.
Il prodotto che abbiamo studiato per la piccola realtà ricettiva di cui parliamo ne "l'hotel infra ordinario" ha preso spunto dall'osservazione di molte persone e viaggiatori in periodi di prolungato stress che arrivano ad alterare i tratti del loro carattere e a non essere più centrate su se stessi, sui loro obiettivi e sulle loro relazioni. Forse molti hanno visto un film del 2004 di Kevin Costner "The upside of anger" che interpreta in modo sintomatico di questo stato di cose.
Ispirandosi alle esperienze di vita di numerosi personaggi locali e dei loro luoghi si è tenta quindi di portare il viaggiatore a confrontarsi con uno specifico stato d'animo e a sentirsi ispirato a riflettere sulla propria centratura su se stesso, sui suoi obiettivi e sulle sue relazioni personali.
Nella definizione del prodotto ricettivo le stesse risorse umane sono state investite della piccola missione della struttura, invitandole a prendere coscienza del loro fondamentale ruolo nel migliorare in qualche modo la vita degli ospiti stessi. Anche le risorse umane hanno diritto ad avere un obiettivo, ad avere delle opportunità di riconoscimento del proprio ruolo e ad avere delle opportunità formative e di crescita personale.
Vi lascio alla caratterizzazione di uno degli alloggi della struttura di cui vi ho parlato, anche se le possibilità di innovazione sono, come sempre, infinite. buona lettura.
(citazioni da "L'hotel infra ordinario" di Katia Girardi Architetto, vietata ogni duplicazione o copia anche parziale, non autorizzata. Opera protetta dal diritto d'autore)
"Tra i tanti passaggi di proprietà, questa casa finì anche alla nipote di Domenico Sorsoli, tale Sorsoli Caterina, a sua volta madre di Silvana Lievi, che ereditò il fabbricato in seguito. Domenico Sorsoli fu un personaggio per molti versi chiacchierato e decidemmo di rappresentarlo in uno degli alloggi. Molte delle notizie a riguardo le recuperammo dal libro di Clara Pilotti “il ’900 a Tremosine”, pubblicazione che per certi versi era politicamente corretta. Molte altre notizie le recuperammo invece al bar di Ennio: i tremosinesi condividevano volentieri e arricchivano i ricordi di dettagli coloriti. La storia infra-ordinaria non è di per sé tutta scritta perché si tratta di racconti di vita ordinaria trasmessa attraverso racconti orali e così anch’io l’ho raccolta, avendo cura di verificare le fonti o di lasciare in debito dubbio le parti non assodate. Il Sorsoli si occupava di portare le sue capre al pascolo nelle valli sopra Tremosine, spesso in una zona identificata come Malga Lorina. Il periodo di pascolo durava approssimativamente da maggio a settembre e questa indicazione l’ho raccolta parlando con gli allevatori ancora presenti in zona. Non sempre chi pascolava scendeva di nuovo a valle, anzi. Spesso i pastori si fermavano in quota per giorni e giorni con le bestie. L’aneddoto che il Sorsoli aveva riportato in paese e che destava una certa perplessità era relativo ad un surreale incontro: raccontava di essere stato assalito nottetempo da alcune streghe che gli avevano ordinato di cedere immediatamente
il gregge, per non rimanere vittima del loro incantesimo. “Dacci le capre altrimenti noi siamo streghe e ti stregheremo!”: la minaccia suonava più o meno così. Al che il Sorsoli - a quanto pare non uno facile da impressionare - si era rivoltato senza paura, urlando agli spiriti “No, voi non mi stregherete! Perché io sono Mago e io vi magherò!”. Dopo aver riportato quel curioso aneddoto, il Sorsoli e tutta la sua discendenza presero lo “scòtòm” - il soprannome - di “maghi”. La nipote venne denominata la Silvanina “Maga” e via discorrendo. Ragionando sull’accaduto si potrebbe pensare ad un periodo di eccessiva solitudine sui monti e ad una conseguente allucinazione. Si conviene che ci vuole un bell’equilibrio per stare più o meno da soli, per mesi, in un posto come i dintorni di Lorina e uno svarione ad un certo punto, tra il freddo e la fame, ci può stare. Da una visita presso il bar di Ennio e da quattro chiacchiere con il signor Fausto Salvadori della gelateria in piazza Cozzaglio era invece saltato fuori che il Sorsoli, nonostante un più o meno evidente difetto ad un occhio - un lieve strabismo di Venere? - fosse un uomo piacente e prestante e che fosse stato oggetto di visite non richieste al pascolo, di donne che forse bramavano le sue attenzioni. Coincidenza volle che nel novembre del 2018 capitò che andassi a vedere il concerto dei Maneskin, dove l’album era tutto percorso dalle gesta di questa musa "Marlena”, ispiratrice del narratore. Così cominciai a macinare sul tema della musa perché c’era un pezzo che si chiamava “Torna a casa” dove il cantante chiedeva alla musa di tornare, in quanto elemento di identificazione della voce narrante e, senza la quale musa, il narratore non aveva possibilità di esistere. Raccolta quell’ispirazione sul racconto della solitudine che si trasforma in solitudine violenta e l’incapacità di trovare un equilibrio, percorrendo l’affascinante tracciato che conduce nella zona di Lorina, mi venne in mente che potevo raffigurare nella stanza il racconto di questa ipotetica strega che il Sorsoli aveva
incontrato al pascolo. Il ruolo della Musa passava al Sorsoli che da solo a quanto pare ci sapeva stare benissimo. La voce narrante sarebbe stata quella della strega, che pregava
il Sorsoli di non andarsene da quel contesto di solitudine, poiché la strega - la paura della solitudine - senza il pastore solitario, non avrebbe potuto esistere.
In qualche settimana scrissi e riscrissi un testo che avrebbe concretizzato, scritto sulle pareti della stanza, la sensazione della ipotetica strega. L’istanza progettuale per questa stanza è quella di raccontare l’equilibrio, quella capacità di stare per conto proprio e di starci bene, senza paura. A tutta la stanza venne data un’atmosfera vagamente noir, con una parete color ottanio dietro al letto a rievocare il percorso tra luce ed ombra che dalla Val Negrini sale verso Lorina. Il percorso tra luce ed ombra che ognuno fa per conoscere sé stesso e starci bene.
Da Seletti al Salone del Mobile di Milano trovammo delle lampade del laboratorio Marcantonio, raffiguranti dei corvi monocolore. Il rivestimento del bagno venne piastrellato di nero lucido e le pareti tinte con un tono di giallo Torino, una finitura a calce molto pastosa, molto avvolgente: colori che assorbono molta luce e restituiscono un’atmosfera introspettiva. Il motivo del pavimento del bagno era quello ripreso dall’altare della chiesa
di Pieve, a testimoniare un mix di credenze, sospese tra sacro e profano, tra la realtà e i fantasmi della mente. Così l’esperienza di Domenico Sorsoli diventa l’occasione per raccontare le storie di adattamento e di solitudine e lo spirito di sopravvivenza dei pastori di capre. Così si coglie l’occasione per indirizzare i viaggiatori a scoprire il sentiero silenzioso che sale in Lorina, attraverso la Valle di San Michele prima, dove scorre l’omonimo torrente. Tra una lussureggiante vegetazione e una fauna molto viva, dalla nascita dei ranocchi, che invadono tutti i sentieri, fino alla ricca presenza di ogni tipo di farfalle, tra salamandre e piccoli serpenti. Superando il borgo storico di San Michele e prendendo per la Val Negrini, tra antri rocciosi e un fitto bosco. Affrontando la salita verso Lorina sul Sentiero delle Tracce, tra le rocce calcaree sulle quali scorrono rumorose rogge di acqua e piccole cascate, camminando su un suggestivo castello di creste montuose, fino ad arrivare al fantomatico pascolo. Così si coglie l’occasione, con questa stanza, di sperimentare sé stessi, testando l’equilibrio in un contesto di solitudine. Sono ancora capace di stare da solo? Sono capace di utilizzare il mio tempo nella solitudine con equilibrio? Sono in grado di bastarmi o mi piego a qualsiasi compagnia pur di non pensare? So affrontare il me stesso più profondo, senza necessità di distrazioni? (...) Venne sottoposta alla mia attenzione l’opera di un’altra illustratrice, la piemontese Elisa Talentino, di fama internazionale. Il tono introspettivo della Talentino si esprimeva in raffigurazioni di nudi di donna fatti di pochi ma evocativi tratti, vagamente inquieti. Trovammo nella sua produzione un soggetto che ci parve adatto, una venere delle rocce sacre, per completare l’allestimento della camera denominata “Mago”. L’illustrazione “Rocce sacre” rappresenta una figura di donna creata con poche linee, senza sguardo, con un bosco rappresentato sulla testa. La donna regge la gonna che parte dalla sua pelle, dove sono rappresentati soggetti legati alla
natura e alla montagna, alberi e animali. Ha i piedi vestiti di calze nere e fluttua tra le rocce. Con buona approssimazione poteva essere stata simile alla “strega” del Sorsoli (...)".
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